Pianta erbacea perenne della famiglia delle Lamiaceae, a portamento cespuglioso. Presenta fusti sottili, alti 50-60 cm, eretti, fitti e quadrangolari, con foglie piccole, oblungo-lanceolate e ben nervate. Cresce spontaneamente fino a 2000 metri di altitudine.
Il nome latino Hyssopus officinalis deriva dall’ebraico Esobh, che significa “erba sacra”. Secondo la tradizione, re Salomone la utilizzava insieme al legno di cedro per riti di purificazione e per prevenire la lebbra.

Caratteristiche e principi attivi
L’issopo contiene olio essenziale, tannini, colina, glucosidi e flavonoidi. I suoi fiori, di colore blu-violaceo, sono riuniti in spighe. Le parti più utilizzate sono foglie e sommità fiorali, raccolte all’inizio della fioritura ed essiccate in ambienti bui e ben ventilati.
Usi terapeutici
Tradizionalmente impiegato contro asma, bronchiti, tosse, contusioni e disturbi digestivi, l’issopo era già consigliato dagli erboristi del Seicento per trattare le affezioni respiratorie. Ancora oggi viene utilizzato in fitoterapia e omeopatia.
- Infusi e decotti: tonici, utili contro ansia e meteorismo.
- Uso esterno: compresse per occhi stanchi, detergente per la pelle, cicatrizzante per le ferite.
- Gargarismi e sciacqui: contro le infiammazioni della gola.
La tradizione popolare gli attribuisce anche effetti nel regolare la pressione, favorire la diuresi, armonizzare il ciclo mestruale e facilitare la cicatrizzazione e il riassorbimento delle tossine.

Altri impieghi
- Tradizione antica: in passato veniva anche utilizzato per produrre un vino a base di erbe.
- Infezioni dell’orecchio: i vapori derivati dall’infusione riducono gonfiore, infiammazione e dolore.
- Ansia, insonnia, depressione: in associazione con altre erbe, l’issopo ha proprietà sedative utili per bambini e adulti.
- Cosmetica: l’estratto aromatico è usato per profumi e colonie.
- Cucina: foglie e fiori giovani possono arricchire insalate, minestre, ragù e arrosti; le sommità fiorite entrano in salse e zuppe. Conferisce un aroma intenso a liquori e aperitivi. Dal nettare si ricava un miele dal profumo deciso e dal gusto leggermente amaro.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).