La Farfara è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteraceae, conosciuta anche con i nomi di Tussilagine, Tossilaggine comune, Fàrfaro, Farfallone, Farfugio, Paparacchio, Farfaraccio, Piè d’asino.
È provvista di un grosso rizoma ricoperto di scaglie, da cui si sviluppano steli eretti e pelosi. Le foglie, che compaiono dopo la fioritura, sono cuoriformi e dentate ai margini. I fiori, di colore giallo, sono riuniti in un solo capolino. Il frutto è un achenio cilindrico, sormontato da un pappo setoso biancastro.
Questa pianta è molto diffusa in Italia: cresce fino a 2300 metri di altitudine in luoghi umidi, prati, campi, incolti, lungo i torrenti e nei fossati.
Origine del nome
L’appellativo latino filius ante patrem (“il figlio prima del padre”) fa riferimento al fatto che i fiori sbocciano prima delle foglie.
- Tussilago deriva dal latino tussis (tosse) e agere (cacciare via), per il suo uso antico come rimedio contro la tosse.
- Farfara viene dal latino Farfarum, nome con cui i Romani indicavano la pianta.

Usi medicinali
La Farfara è una delle più note piante officinali:
- Proprietà: espettorante, astringente, emolliente, lenitiva.
- Indicazioni: tosse, raffreddore, influenza, laringite, tracheite, bronchite.
⚠️ Per la presenza di alcaloidi pirrolizidinici epatotossici, il suo impiego deve essere limitato: massimo 6–7 giorni consecutivi, non più di due volte l’anno.
- Infuso: 3 g di capolini o foglie in 100 ml di acqua bollente, lasciare in infusione 10 minuti e filtrare. Bere 2–3 tazze al giorno.
Un tempo veniva fumata contro tosse e asma: già il medico greco Dioscoride la consigliava. Durante la Seconda guerra mondiale fu usata dai soldati come sostituto del tabacco. Ancora oggi compare in alcune sigarette a base di erbe.

Usi alimentari
- Rizoma sottile: candito nello sciroppo di zucchero.
- Foglie: utilizzate per sformati, lasagne, paste fresche; consumate fresche in insalata, cotte in zuppe o come contorno (dopo accurato lavaggio per ridurre l’amaro).
- Boccioli e giovani fiori: consumati freschi o cotti, hanno un gradevole sapore anisato che arricchisce le insalate.
- Fiori e foglie: freschi o secchi, danno un tè dal gusto simile alla liquirizia.
- Foglie fresche tostate: usate come sostituto del sale.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).