Pianta erbacea infestante, annuale o perenne, a portamento eretto, diffusa fino a 1700 metri di altitudine. È conosciuta con diversi nomi regionali: porcellana, procaccia, porcacchia, pucchiacchella.
Le foglie sono spesse e carnose, generalmente alterne. Possono essere piatte oppure cilindriche. Quelle superiori formano un piccolo involucro sotto il fiore. A partire da giugno la pianta produce fiorellini gialli, che si chiudono al calare della sera. Ama il pieno sole e, con i primi freddi, deperisce velocemente dopo aver disseminato i propri semi. Predilige terreni sabbiosi, ma cresce senza difficoltà anche in altri tipi di suolo.
Il nome latino significa “piccola porta”, per il modo in cui si aprono le capsule. Nel Medioevo gli Arabi la chiamavano baqla hamqa, ossia “pianta pazza”, per la crescita disordinata dei rami sul terreno. È citata in un’opera perduta di Varrone (I sec. a.C.), ricordata dal grammatico Nonio (IV sec. d.C.): «La portulaca, masticata, toglie la sete». Probabilmente di origine asiatica, era già utilizzata come pianta medicinale nell’antico Egitto e veniva coltivata nel Medioevo nei Paesi arabi e nel Mediterraneo, soprattutto in Spagna.

Usi medicinali
- Interno: tradizionalmente impiegata contro dissenteria, enterite acuta, emorroidi ed emorragie post-partum. Ricca di vitamina C, veniva usata dai marinai per prevenire lo scorbuto.
- Esterno: le foglie, in impacco, sono indicate per foruncoli, punture d’insetto ed eczema. Negli ultimi anni sono state scoperte ulteriori proprietà nutrizionali e terapeutiche.

Usi alimentari
La portulaca si raccoglie spontanea o viene coltivata. Le foglie, dal sapore acidulo, possono essere consumate crude o cotte:
- in insalata o come erba aromatica,
- in minestre rinfrescanti e saporite,
- i fiori gialli si consumano crudi, bolliti o fritti,
- le foglie si conservano sottaceto,
- i rami più grossi e teneri possono essere bolliti brevemente, poi conservati sott’olio con spezie, creando una conserva originale per antipasti.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).