La Glechoma hederacea è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Lamiaceae, con radice stolonifera.
Il nome generico Glechoma deriva dal greco e può essere tradotto come “puleggio”, termine con cui si indica una varietà di menta. Il nome specifico hederacea richiama invece il verbo “aderire” e fa riferimento al portamento simile a quello dell’edera.
In Italia cresce spontaneamente nei boschi e nei prati del nord, soprattutto lungo l’arco alpino, fino a circa 1400 metri di altitudine. È chiamata edera terrestre per la sua invadenza, caratteristica che ricorda quella dell’edera vera e propria, anche se l’aspetto delle due piante è diverso. Grazie ai suoi stoloni, la Glechoma può ricoprire vaste superfici in poche settimane.
Il fusto, quadrangolare, è strisciante, prostrato e ricoperto da una leggera peluria. Le foglie, cuoriformi e picciolate, hanno margine crenato. I fiori, violacei ed ermafroditi, crescono all’altezza delle foglie superiori. Il frutto è un tetrachenio, formato da quattro nucule racchiuse nel calice persistente. I semi non possiedono endosperma. La pianta contiene olio essenziale, marrubina, tannini, saponine e colina.

Usi storici e tradizionali
Già conosciuta in epoca medievale, l’edera terrestre è citata nel cinquecentesco Herbolario volgare di Venezia, uno dei primi testi di medicina popolare in lingua volgare. Veniva indicata come rimedio per varie malattie, consigliata persino contro la “pazzia” e usata per liberare i cavalli dai vermi intestinali.
Oggi viene utilizzata sotto forma di infuso o decotto:
- come espettorante, per favorire l’eliminazione delle secrezioni bronchiali,
- come stimolante, utile al sistema nervoso e vascolare,
- come antinevralgica.
Si impiegano le foglie e le sommità fiorite, raccolte nei periodi soleggiati e poi fatte essiccare.
👉 Preparazione dell’infuso: versare ¼ di litro d’acqua bollente su 1 cucchiaino di foglie essiccate, lasciare in infusione per 10 minuti, filtrare e bere 1 tazza da 1 a 3 volte al giorno.
La medicina popolare la utilizza anche per trattare enfisema, faringite, influenza, raffreddore e asma. Applicata come impacco, è utile per lenire infiammazioni cutanee e leggere ustioni: si prepara una poltiglia con 1 parte di foglie fresche pressate e 3 parti di farina di lino, mescolate con acqua calda, da stendere su un panno pulito e applicare sulla parte dolorante.
In erboristeria e fitoterapia viene indicata per laringiti, meteorismo, reumatismi, ritenzione urinaria, ed è apprezzata come cicatrizzante e vulneraria.

Usi alimentari
In passato i giovani germogli venivano consumati come gli asparagi. Le foglie, dal profumo intenso e dal sapore amarognolo, entravano in insalate selvatiche o venivano cotte insieme ad altre erbe, ad esempio per preparare frittate.
Oggi si riscopre anche in cucina, ad esempio per colorare risotti o tagliatelle fatte in casa, sebbene si tratti di un recupero recente legato al ritorno alle tradizioni contadine.
Un tempo la polvere di edera terrestre serviva per aromatizzare la birra, come conservante e chiarificante. A Londra, i venditori ambulanti la proponevano per strada con tipici richiami. Le foglie possono inoltre sostituire il tè, dando origine al cosiddetto “tè svizzero”.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).