Borgo di Pussdosso

PAGLIARI, la memoria nella Pietra. Lassu’ dopo le ultime case di Carona, ai margini della strada che porta al Rifugio Calvi e, da qui, alle tante varianti della rete sentieristica delle Alpi Orobie spunta sulla destra, da una piccola quanto suggestiva radura, la Frazione di Pagliari. Un borgo antico, fra i meglio conservati nella sua architettura rustica, che d’inverno appare come un unico sasso compatto e scuro, che si distingue sul tappeto immacolato della neve, mentre d’estate si stempera all’interno di un paesaggio più dolce e variegato, dove le lingue verdi dei pascoli e dei prati s’insinuano fra le stradine e i viottoli, dentro i suoi spazi aperti. Siamo nell’ultima valle dell’alto Brembo, nell’estremo avamposto bergamasco verso Nord, sotto gli imponenti contrafforti che dividono, e per certi versi uniscono, le valli orobiche da quelle della Valtellina. Le montagne che si allargano ad anfiteatro e che fanno da cornice alla superba cima del Pizzo del Diavolo, costituiscono, infatti, non solo lo spartiacque fra le due province limitrofe (Bergamo e Sondrio), ma anche l’epicentro di un’area culturale e commerciale fitta di sentieri e tracciati di comunicazione fra una valle e l’altra.

Negli anni ’50 contava circa 60 abitanti che per motivi di lavoro si sono trasferiti in Francia, ma sopratutto a Sesto San Giovanni (Acciaierie Falck). Alcuni di loro hanno mantenuto la casa e nel periodo estivo vi fanno ritorno. Caratteristica è la disposizione dell’abitato con la chiesetta dei Santi Valentino e pantaleone, le solide case di pietra addossate le une alle altre e, più distanti, le stalle. La disposizione serrata delle case è stata causa di frequenti e gravi incendi: si ricorda ancora quello che colpì la frazione alla fine del 1800 e che causò la distruzione di alcune abitazioni, i cui resti sono visibili nella piazzetta. Per spegnerlo fu necessario tagliare il tetto delle case vicine a quella interessata all’evento, anche perchè nella frazione non c’erano fontane e l’acqua la si andava a prendere con i secchi nella valle o nel pozzo. Interessante è l’edificio posto sopra la piazza, di proprietà della famiglia Paganoni, probabilmente edificato nel 1500; la data visibile sotto l’ala del tetto (1775) indica l’epoca in cui la casa subì delle ristrutturazioni.


Oggi il Borgo di Pusdosso, come le altre frazioni, è dotata di acquedotto e fognature, e di corrente elettrica (dal 1975). Non è però raggiunta dalla strada agro-silvo-pastorale che si ferma poco sotto la frazione di Cornelli. Pusdosso è quindi raggiungibile solo a piedi, ed il trasporto dei materiali viene fatto con la teleferica oppure con gli elicotteri. Questi ultimi vengono anche utilizzati per le emergenze sanitarie, grazie al soccorso alpino del CAI Sezione alta Valle Brembana. La zona del Borgo antico di Pusdosso presenta un certo interesse geologico, soprattutto in considerazione dei giacimenti di ferro e delle vecchie miniere di cui vi è ancora traccia nella zona. La frazione di Via Piana, posta a 913 m sul livello del mare, si trova sulle pendici di un rilievo chiamato Monte delle Miniere. Su entrambi i fianchi della valle che separa questa frazione da Pusdosso sono ancora abbastanza riconoscibili gli antichi scavi minerari che furono eseguiti sia in galleria, sia a cielo aperto.

famiglie per un totale di 60 abitanti. Molte famiglie, soprattutto le più giovani, scesero a valle, nelle belle case di Carona, o si trasferirono in città verso le grandi fabbriche di Bergamo e Milano.

Le prime miniere si trovano a poche decine di metri dalle abitazioni, ma la maggior concentrazione è nella parte più alta della valle, sopra i 1100 metri. Forcella – Narra la leggenda che di questa frazione fosse il simpatico personaggio che fece entrare nella tradizione popolare il nome di Fondra. Si racconta che un giovane di Forcella, recatosi a Roma per lavoro, si era sposato con una ragazza romana. Quando decise di ritornare al paese natìo, cercò in tutti i modi di convincerla a lasciare senza rimpianti la città, e per raggiungere il suo scopo s’improvvisò poeta inventando una breve poesia che decantava le bellezze dei luoghi d’origine. Il cantico cominciava così: “Roma l’è bela, ma Fundra l’è so sorela…

Molto bella è la posizione geografica di Forcella che, arroccata su un poggio, domina dall’alto il fiume Brembo, la strada provinciale, l’abitato di Fondra, la dirimpettaia Forcella di Bordogna e la cascata, mentre sulla costa a sinistra si dispiegano le altre frazioni. Un antica mulattiera di cui si sono perse le tracce la collegava a Moio de’ Calvi. Tra le case di pietra spicca un’abitazione con la facciata affrescata in modo elegante e signorile. Sembra che i proprietari siano stati in grado di realizzarla grazie alla “dote” di un bambino che avevano adottato: alle famiglie adottive veniva, infatti, assegnato un piccolo patrimonio (un tempo si adottavano i bambini proprio per avere in cambio un’entrata sicura). La frazione di Cornelli probabilmente prende il suo nome dal bergamasco “corna”, infatti si trova sopra le rocce che sovrastano Fondra. Anche qui si trovano edifici che risalgono al 1600. Cornelli è caratterizzata da un pianoro dove venivano coltivati segale, granoturco e canapa. Quest’ultima, una volta filata, era utilizzata per la realizzazione di rustiche stoffe. Foppa è la frazione che negli ultimi anni ha subito maggiori ristrutturazioni. Sotto i portici vi sono testimonianze di abitazioni risalenti al 1500. Anche la chiesetta dedicata a Sant’Agata fu edificata in quel periodo, e durante la peste del 1630 fu usata come chiesa parrocchiale. I boschi intorno alla frazione sono ricchi di castagni i cui frutti un tempo costituivano una risorsa alimentare importante per la popolazione. Le castagne potevano essere consumate qualche giorno dopo la raccolta lessate o come caldarroste; la maggior parte però veniva conservata in luoghi asciutti e sicuri, ed era alimento integrante della dieta contadina nel periodo invernale, o quando le modeste scorte di cereali si esaurivano.