È una pianta erbacea biennale:
- primo anno: sviluppa una rosetta di foglie basali;
- secondo anno: produce lo scapo fiorale.
Può raggiungere 100 cm di altezza, è poco ramificata e presenta fiori gialli molto vistosi. Appartiene alla famiglia delle Asteraceae ed è conosciuta con numerosi nomi popolari: Aio de pra, baciapreti, barbaboch, barba di prete, erba del sol, minna di vacca, salsefica, sassefrica, scanabech, scorzabianca, spargi de pra, tragopogono.
È comune sulle Alpi fino a 2000 metri, soprattutto nei prati fertili e concimati, e fiorisce da aprile a settembre.
Origine del nome
Già Dioscoride ricordava che il nome Tragopogon deriva dal greco:
- tragos = caprone
- pogon = barba
per la somiglianza tra le setole del pappo e la barba di un caprone.
Il nome volgare più diffuso e antico, Barba di becco, sembra invece avere origine longobarda (bikk = becco). La pianta era conosciuta fin dall’antichità: un affresco di Pompei raffigura infatti la sua radice.

Proprietà medicinali
La Barba di becco è nota per le sue proprietà:
- diuretiche,
- sudorifere,
- depurative,
- astringenti.
Nella medicina popolare la radice, usata in decotto o sciroppo, era consigliata come calmante della tosse e, in generale, per i disturbi respiratori. È stata impiegata anche contro arteriosclerosi, reumatismi, gotta e ipertensione. Favorisce l’eliminazione delle tossine e può essere consumata senza problemi anche dai diabetici, poiché i suoi carboidrati non innalzano la glicemia.
I petali in infusione hanno inoltre un effetto schiarente sulla pelle.

Uso alimentare
La pianta è però più conosciuta in cucina che in erboristeria.
Foglie tenere: ottime in insalata, simili alla scarola o alla cicoria.
Radici e germogli: ricchi di zuccheri e dal gusto dolciastro, vengono consumati soprattutto cotti. Le radici contengono inulina, un polisaccaride prezioso dal punto di vista dietetico, adatto anche ai diabetici.
Germogli giovani: lessati, ricordano il sapore degli asparagi.
Radice: può ricordare il gusto delle ostriche o, più comunemente, della carota. Si consuma cruda in insalata (a fette) oppure cotta.

Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato)